L'uomo che marciava nel deserto del colore: Una fenomenologia dell'esperienza a partire dall'arte di James Turrell

L'opera di Turrell viene letta come una riflessione sull'esperienza specificamente umana riguardante una logica «altra» rispetto ai modi del pensare logocentrico; una logica che comporta una particolare «non-riflessione» che non è una semplice rinuncia a pensare, bensì un «pensare altrimen...

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Bibliographic Details
Main Author: Garlaschelli, Enrico (Author)
Format: Electronic Article
Language:Italian
Check availability: HBZ Gateway
Fernleihe:Fernleihe für die Fachinformationsdienste
Published: Ed. Pontificia Univ. Gregoriana 2016
In: Gregorianum
Year: 2016, Volume: 97, Issue: 4, Pages: 777-788
Online Access: Volltext (lizenzpflichtig)
Description
Summary:L'opera di Turrell viene letta come una riflessione sull'esperienza specificamente umana riguardante una logica «altra» rispetto ai modi del pensare logocentrico; una logica che comporta una particolare «non-riflessione» che non è una semplice rinuncia a pensare, bensì un «pensare altrimenti»: il «vedere sentendo». È possibile scorgere una relazione essenziale, e dunque fondante, fra la specifica esperienza estetica del «vedere sentendo» descritta da Didi-Hubermann e l'esperienza religiosa, secondo quanto riporta Guardini quando nel Duomo di Monreale osserva la partecipazione delle persone alla celebrazione e la descrive nel modo del «vivere guardando». L'espressione che con sorprendente sintonia sia Guardini che Didi-Hubermann usano, di un sapere che abbandona l'analogia con il vedere per aprirsi all'esperienza del sentire — il sapere sentendo, il vedere guardando — sembra appartenere alla nozione di sublime The work of J. Turrell is mostly seen specifically as a human reflection on experiencing a logical «other», in contrast to logocentric thinking, and is a logic that implies a particular «non-reflection», which is not merely a refusal to think, but rather a «thinking otherwise», or the «seeing by feeling». You can see an essential fundamental relationship between the specific aesthetic experience of «seeing by feeling» described by Didi-Huberman, and the religious experience, described in his reports by Guardini, when he observed people's participation in the celebration in the Cathedral of Monreale, which he described in the manner of «living watching». The expression that both Guardini and Didi-Huberman use with surprising harmony, means a knowledge that abandons the analogy with the seeing, and opens to the experience of feeling — to know by feeling, to see by watching — which seems to belong to the notion of the sublime.
Contains:Enthalten in: Gregorianum