La polifonia della Salvezza. Musica e giustificazione nell’anniversario della Riforma

All’epoca delle riforme protestanti e della riforma cattolica del Cinquecento, la musica era oggetto di vivaci dibattiti sia all’interno delle singole confessioni, sia fra le diverse Chiese. Benché la musica non fosse il problema più cruciale o pressante da risolvere, rappresentava tuttavia una mani...

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Bibliographic Details
Main Author: Bertoglio, Chiara (Author)
Format: Electronic Article
Language:Italian
Check availability: HBZ Gateway
Fernleihe:Fernleihe für die Fachinformationsdienste
Published: Edizioni Studio Domenicano 2018
In: Divus Thomas
Year: 2018, Volume: 121, Issue: 2, Pages: 162-186
Online Access: Volltext (lizenzpflichtig)
Parallel Edition:Non-electronic
Description
Summary:All’epoca delle riforme protestanti e della riforma cattolica del Cinquecento, la musica era oggetto di vivaci dibattiti sia all’interno delle singole confessioni, sia fra le diverse Chiese. Benché la musica non fosse il problema più cruciale o pressante da risolvere, rappresentava tuttavia una manifestazione molto visibile – o meglio, “udibile” – delle diverse prospettive dei Riformatori e della liturgia delle loro comunità: vi è infatti una notevole coerenza fra i principi teologici fondanti dei Riformatori ed i loro punti di vista sulla musica. Con l’accento posto da Lutero sul principio della “sola gratia”, per esempio, il ruolo della Messa come sacrificio offerto a Dio veniva ridotto, mentre il crescente livello di coinvolgimento del laicato era conseguenza del principio della “sola scriptura”. Entrambi modificarono l’idea di musica liturgica: da ornamento della liturgia che doveva renderla meglio accetta agli occhi di Dio a strumento pedagogico per diffondere la conoscenza della Parola e per instillare una profonda devozione fra i membri della comunità. Similmente, la teologia della musica della Chiesa Riformata e quella del cattolicesimo post-tridentino si possono derivare, seppur con qualche cautela, dalla loro teologia di base. Perciò, le diverse visioni della giustificazione si traducevano coerentemente in diverse prassi musicali, che generavano a loro volta distinte tradizioni confessionali. Il più recente emergere del dialogo ecumenico fra cattolici e protestanti ha prodotto, come è noto, un documento (1999) che sintetizza i principi sulla giustificazione che sono professati dai cattolici e da alcune confessioni evangeliche. Se, perciò, le teologie “divise” hanno ispirato diverse prospettive sulla musica sacra nel Cinquecento e nei secoli successivi, quale teologia della musica si può derivare dalla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione? Tentando di offrire vie da percorrere nel rispondere a questa domanda, l’articolo discute anche il ruolo giocato dalla musica come strumento di comunione persino nei momenti in cui l’opposizione fra le Chiese cristiane raggiunse il suo acme. Tale possibilità è dovuta, sul piano teologico, alla natura simbolica della musica, mentre, su quello pratico, si incarnava nella presenza di repertori condivisi ed atteggiamenti simili nei confronti della musica. During the era of Protestant and Catholic Reformations, music was debated both within the individual confessions and among them. While it was not the most crucial or urgent issue to be settled, it represented nevertheless a very visible – or rather audible – manifestation of the various perspectives of the Reformers and of their congregations’ worship. There is noteworthy consistency between the Reformers’ overall theological views and their concepts of music. With Luther’s stress on the sola gratia principle, for example, the role of Mass as a sacrifice offered unto God was downplayed, while the increasing level of lay involvement stemmed from the sola scriptura principle. Both modified the concept of liturgical music: from an adornment of worship which should render it more pleasing for God to an “educational” instrument for spreading knowledge of the Word and for instilling heartfelt devotion in the congregation. Similarly, the theology of music of the Reformed Church and that of the post-Tridentine Catholicism may be derived, with provisos, from their overall theology. Thus, different views of justification were coherently translated into musical practices, generating distinct confessional traditions. The recent emergence of a Catholic-Protestant ecumenical dialogue produced a document highlighting the tenets on justification which are held to be true by both Catholics and some Protestant denominations. If the “divided” theologies inspired different perspectives on sacred music in the 16th century and later, which theology of music can be deduced from this joint document? Along with this question, the article also discusses how music has played a role as an instrument of communion even in those moments when the opposition among the Christian Churches was harshest: this is due, on the theological plane, to the symbolic nature of music, while this was enacted in practice with the presence of shared repertoires and common attitudes to music.
Contains:Enthalten in: Divus Thomas