Katia Tchérémissinoff, Recherches sur le lexique des chroniques slaves traduites du grec au Moyen Âge

La letteratura slava ecclesiastica durante l'intero arco della sua storia vive in primo luogo di traduzioni, eseguite soprattutto, seppure non esclusivamente, a partire da modelli greci. Mentre tuttavia sul piano storico-letterario l'attenzione si concentra per ovvie ragioni sulla produzio...

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Autore principale: Ziffer, Giorgio (Autore)
Tipo di documento: Elettronico Articolo
Lingua:Tedesco
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Pubblicazione: 2004
In: Byzantinische Zeitschrift
Anno: 2004, Volume: 96, Fascicolo: 2, Pagine: 787-788
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Descrizione
Riepilogo:La letteratura slava ecclesiastica durante l'intero arco della sua storia vive in primo luogo di traduzioni, eseguite soprattutto, seppure non esclusivamente, a partire da modelli greci. Mentre tuttavia sul piano storico-letterario l'attenzione si concentra per ovvie ragioni sulla produzione originale, in sede di analisi linguistica le opere di traduzione mantengono, o almeno dovrebbero mantenere, un ruolo fondamentale. A questo proposito ci si può addirittura spingere ad affermare che uno dei motivi per i quali a tutt'oggi mancano una storia complessiva e un grande dizionario storico della lingua slava ecclesiastica risiede verosimilmente proprio nella carenza di ricerche approfondite intorno a molte traduzioni slave ecclesiastiche. Su tale sfondo va letto il libro che qui si recensisce, incentrato sul lessico delle versioni di cinque cronache bizantine, composte in ordine cronologico da Giovanni Malala, Giorgio Amartolo, Simeone Logoteta, Costantino Manasse e Giovanni Zonara, e tradotte in slavo ecclesiastico in tempi e luoghi diversi. Come si ricava dalla breve premessa di A. Guillou (p. 3), lo studio di Katia Tchérémissinoff è approdato alle stampe solo dopo un lungo intervallo dalla sua composizione; un intervallo che la bibliografia usufruita, ferma in buona sostanza al 1980, permette di quantificare in vent'anni. Prima di esaminare il volume più da vicino, il recensore purtroppo non potrà non registrare (e lamentare) il numero esorbitante di errori di stampa che coinvolgono anzitutto i nomi degli autori e i titoli delle opere citate, come per es. Bujuklev in luogo di Bujukliev (p. 19, n. 29), Sandelf per Sandfeld (p. 24, n. 37), Aitzemuller invece di Aitzetmüller (p. 30, n. 52); M. A. Meščeskij per N. A. Meščerskij (p. 42, n. 72; e vd. anche p. 98, n. 157); e quindi, “Das slavische Zort für Kirsche” (in luogo di “Das slavische Wort für Kirche”, a p. 149, n. 240), “Costantinopple byzantine” (p. 186, nn. 303 e 304, e passim ), “Byzantinische Uhrkundenlehre. I. Die Kaiser Uhrkunden” (p. 196, n. 310), e così via. Dove però deve essere stato il diavolo in persona a metterci lo zampino, è nelle citazioni slave ecclesiastiche nelle quali, nonostante la revisione cui è stato sottoposto il volume (vd. p. 3), gli errori, grandi e piccoli, semplicemente non si contano: il che di certo non agevola il compito del lettore, sia egli più o meno esperto di slavo ecclesiastico.
ISSN:1868-9027
Comprende:Enthalten in: Byzantinische Zeitschrift
Persistent identifiers:DOI: 10.1515/BYZS.2003.787